Anche l’Ente Pubblico è soggetto all’obbligo di non provocare immissioni intollerabili

Anche l’Ente Pubblico è soggetto all’obbligo di non provocare immissioni intollerabili

Il casoNel periodo estivo, il Comune ha organizzato manifestazioni culturali in piazza, che si sono protratti fino a tarda notte.

Alcuni residenti, citavano in giudizio l’Ente per accertare le immissioni intollerabili e, di conseguenza, ottenere la condanna al risarcimento del danno. Di contro, il Comune riteneva che:- la CTU ha fatto riferimento, per le misurazioni, al DPCM del 1997, relativo alle attività produttive e non alle manifestazioni culturali;- il regolamento comunale nel 2004 consente, nell' ipotesi - per l'appunto di manifestazioni e spettacoli all'aperto - di arrivare fino al limite di 70 decibel;- l'interesse pubblico allo svolgimento degli spettacoli non può comportare il sacrificio del diritto del privato, oltre il limite della tollerabilità.La Corte di Cassazione, con sentenza n. 18676/2024, ha confermato, invece, la responsabilità del Comune per le seguenti ragioni. Motivi della decisioneSecondo gli ermellini, in primo luogo, i limiti posti dai singoli regolamenti, compreso dunque quello richiamato dal Comune (e dallo stesso approvato) sono puramente indicativi, in quanto anche le immissioni che rientrino in quei limiti possono considerarsi intollerabili. Come noto, la tollerabilità è, per l'appunto, da valutarsi tenendo conto dei luoghi, degli orari, delle caratteristiche della zona e delle abitudini degli abitanti. In secondo luogo, anche un ente pubblico è soggetto all'obbligo di non provocare immissioni rumorose ed è responsabile dei danni conseguenti alla lesione dei diritti soggettivi dei privati, cagionata da immissioni provenienti da aree pubbliche, potendo conseguentemente essere condannata al risarcimento del danno, così come al “facere” necessario a ricondurre le dette immissioni al di sotto della soglia della normale tollerabilità, dal momento che tali domande non investono - di per sé – atti autoritativi e discrezionali, bensì un'attività materiale soggetta al richiamato principio del “neminem laedere”. Per un maggiore approfondimento:- Cassazione, sentenza n. 18676/2024;- DPCM del 1997;- Art. 844 c.c.

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